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- IL TREKKING DELLE PALE SEGUENDO IL CORSO DEL FIUME BIEDENO
Acque cristalline che scorrono tra massi ricoperti di muschio, foresta incontaminata immersa nel sottobosco di felci, la mano dell'uomo, che ha plasmato la natura senza distruggerla, quando ancora lo sapeva fare. Il microcosmo della valle del torrente Biedano, che scorre tra i borghi medievali di Blera e Barbarano Romano, è un sorprendente equilibrio tra essere umano e ambiente, qui vi troverete al cospetto di madre natura in tutta la sua bellezza e generosità e scoprirete come gli antichi abitanti sono riusciti a piegare la natura a proprio vantaggio senza spezzarla. Il trekking ha la durata di circa 1 ora e 30 minuti per l'andata lungo il torrente e poco più di 1 ora per il ritorno seguendo il tracciato della vecchia ferrovia Barbarano Blera e può essere percorso nei due sensi. Ho cominciato il sentiero, della lunghezza di cinque km., dal borgo di Blera situato tra i laghi di Vico e di Bracciano, a sud di Viterbo. L'attacco si trova poco prima dell'accesso al centro storico del borgo. Da qui il colpo d'occhio sulla gola è fantastico, sono ben visibili dei cartelli che indicano i sentieri con i classici colori rosso e bianco del CAI, seguite quello che indica Ponte del Diavolo. Una rampa lastricata scende ripida verso la forra del Biedano seguendo la parete di tufo fino ad arrivare al ponte romano del I secolo a.C. costruito su tre arcate e sul quale correva l'antica via Clodia. Lasciatevi il ponte sulla destra senza attraversarlo e prendete il sentiero che segue il torrente anch'esso ben segnalato dal CAI. Fin dai primi passi vi troverete immersi in un ambiente spettacolare, incontaminato, quasi selvaggio. Il muschio ricopre completamente rocce e tronchi degli alberi ed il torrente scorre pigro tra massi tondeggianti modellati nei secoli dall'erosione degli elementi. La vegetazione è composta da ontani, olmi, salici oltre che da un folto sottobosco di piante che ricordano le illustrazioni della preistoria dei vecchi libri di scuola. Seguendo il sentiero arriverete dopo circa venti minuti ed un paio di semplici guadi, ad uno sbarramento artificiale di blocchi di tufo di forma semicircolare; si tratta di una "Lega", ovvero uno sbarramento che forma una cascata con sottostante piscina utile a creare una corrente del fiume che serviva a muovere le mole degli antichi mulini con i quali si irrigavano i campi di canapa che veniva coltivata su terrazzamenti lungo le sponde del torrente. Facendo attenzione potete camminare sulla diga e andare sulla sponda opposta per avere un altra prospettiva. Questo luogo chiamato "Mola 4" è estremamente suggestivo, ma preparatevi perchè il percorso riserva ancora numerose sorprese. Rimettetevi in marcia seguendo i segnalini CAI, camminerete in un ambiente sempre più selvaggio e spettacolare fatto di tronchi caduti ed enormi massi, ai lati del fiume sono sempre visibili le pareti tufacee che formano la forra. Dopo altri venti minuti vi troverete di fronte alla spettacolare scenografia della "Mola 3". Questa diga è leggermente maggiore della precedente e l'acqua forma ancora due cascate che escono da due varchi nel muro di mattoni di tufo. L'impatto della costruzione immersa nel groviglio di piante e radici che sbucano ovunque è' veramente uno spettacolo indimenticabile. Sempre con molta prudenza attraversate il torrente passando sulla diga, appena giunti al termine della costruzione prendete il sentiero alla vostra destra e camminate per alcuni metri. Da questa posizione più alta rispetto al fiume potete vedere le due cascate dall'alto e se proseguite ancora pochi metri vi si presenterà davanti un passaggio artificiale scavato nel tufo, è un tunnel di una trentina di metri della larghezza di 30/50 cm. con alcune aperture che offrono una bellissima visuale sul fiume. Attraversare il tunnel è come entrare nella macchina del tempo non perdetelo per nessun motivo. Quando vi sarete divertiti abbastanza tornate sul sentiero principale dall'altra parte del fiume.
- CERRO TORRE E MONTE FITROY
Lo scenario del massiccio montuoso che comprende due delle vette più famose delle Ande è qualcosa che dimenticherete difficilmente, i suoi picchi aguzzi che si protendono verso il cielo disegnano uno skyline unico ed impressionante che, per certi versi, ricorda alcuni panorami delle Dolomiti. Le cime sono visibili da El Chalten, il piccolo villaggio nato per ospitare turisti ed alpinisti che arrivano qui da tutto il mondo, ma se volete avere un vista d'insieme completa dovrete armarvi di scarponi ed addentrarvi nel parco per raggiungere la località chiamata "Mirador Laguna Torre" o ,meglio ancora il "Campamento Poincenot IL TREKKING Il sentiero comincia in corrispondenza di un cartello sulla RN 23, la strada che da El Chalten si dirige verso nord parallelo alla catena andina. Imboccato il sentiero si sale seguendo la valle del fiume Fitz Roy, si attraversa poi un vasto bacino paludoso peri salire addentrandosi tra le faggete ed arriva in poco più di un'ora alla Laguna Torre dove si ha un primo assaggio panoramico del massiccio. Si torna indietro sul sentiero appena percorso fino ad arrivare ad un bivio, qui si prende a sinistra in direzione della Laguna Capri, uno specchio d'acqua cristallina sulla quale si riflette il Fitz Roy. Per arrivare qui passerete un altra biforcazione dove terrete il sentiero di destra fino al lago. Si continua ancora fino al Campo Poicenot dal quale potete salire al cospetto del Fitz Roy con due diversi sentieri a sinistra verso il Lago Sucia e a destra al Lago de los Tres, con bellissimi scenari e panorami. E' un'escursione impegnativa, non tanto tecnicamente quanto per la distanza di una ventina di km. che vi prenderà tutta la giornata facendo andata e ritorno con condizioni di tempo buone. Partite la mattina presto e tenete d'occhio le previsioni del tempo. Cerro Torre e Fitzroy su mapas: https://goo.gl/maps/H4cLFMpVJH5TUByf6 Il vero nome del Monte Fitzroy è Chalten e deriva dalla parola in lingua aoniken che significa la montagna che fuma a causa delle nuvole che si addensano sulla sua sommità, il popolo mapuche la considerava una montagna sacra. El Chalten è anche il nome del villaggio dove troverete tutte le infrastrutture turistiche per un soggiorno in questa regione. Se non avete un vostro mezzo il modo più comodo per arrivare qui è in autobus da El Calafate, che senza dubbio è la miglior porta d'entrata per visitare il Parco los Glaciares. Ci vogliono circa 3 ore per percorrere i 200 km. che separano le due località, quindi considerate di fermarvi almeno una notte, meglio due per poter fare almeno un trekking e godere della bellissima atmosfera che si respira nel villaggio. A El Chalten troverete negozi dove comprare attrezzatura da montagna anche usata. Nei pressi della stazione degli autobus si trova anche un ufficio informazioni turistiche utile per ricevere aggiornamenti e info sui vari trekking. Pernottare a El Chalten può risultare abbastanza caro, le strutture più economiche sono senz'altro gli ostelli (ce ne sono circa una decina) il cui prezzo si aggira intorno ai 15/20 euro a notte in camerata, gli alberghi sono spesso cari. Conviene sempre fare una ricerca sulle varie piattaforme e prenotare per tempo. Il periodo migliore per una visita va da novembre a marzo quando le giornate sono lunghissime, la temperatura può anche scendere attorno a 0 gradi quindi prendete abbigliamento adatto. El Chalten su maps: https://goo.gl/maps/owCkeMX6biGU5NMS7
- Parco nazionale Los Glaciares
Inserito nel 1981 nella lista dei Patrimoni dell'Umanità UNESCO, il Parco nazionale Los Glaciares è il secondo per estensione di tutta l'Argentina e comprende 47 ghiacciai vallivi che compongono la calotta glaciale Andina, una delle maggiori del mondo. La caratteristica principale di questi ghiacciai è che si formano ad una altitudine media di 1500 metri per arrivare fino a 200 metri sul livello del mare, al contrario di tutti gli altri ghiacciai del mondo la cui formazione avviene intorno ai 2500 metri. Il parco è diviso in due grandi aree geografiche identificabili con i laghi Viedna a nord e il Lago Argentino a sud. Nella parte settentrionale ,quella del lago Viedma, si trovano il ghiacciaio Viedma ed alcuni ghiacciai minori, oltre che le cime delle famose montagne di Cerro Chaltén e Cerro Torre. La parte meridionale invece include i ghiacciai più grandi: Perito Moreno, ghiacciaio Upsala e ghiacciaio Spegazzini. Il parco ospita più di 1.000 specie di volatili il che lo rende un vero paradiso per gli appassionati di fotografia ed osservazione. Per vedere la lista aprite il menù qui sotto. nelle foreste si trovano L' uemul , il cervo argentino, il guanaco , il gatto della pampa ( Leopardus colocolo ), la donnola della Patagonia ( Lyncodon patagonicus ), la volpe grigia ( Lycalopex griseus ), la volpe di Magellano ( Lycalopex culpaeus ), la mara o lepre della Patagonia ( Dolichotis patagonum ) , la puzzola della Patagonia ( Conepatus humboldtii ) e il puma concolor. La località di referenza per la visita della parte nord del parco, ovvero tutta l'area di Cerro Chaltén e Cerro Torre, è la cittadina di El Chaltén. Fondata nel 1985 è diventata base d'appoggio per le spadizioni di scalatori alle cime della regione, in particolare al Cerro Torre, La sua vetta, situata a 3128 mt. s.l.m. è considerata fra le più spettacolari e inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 900 metri di parete granitica verticale ed è perennemente coperta da nubi che ne rendono pericolosissimo l'accesso. Gli amanti del trekking possono arrivare fin sotto al gruppo del Cerro Torre percorrendo un sentiero relativamente semplice che porta prima alla Laguna Torre e poi passando per la Laguna Capri, al Mirador Cerro Torre, da qui si gode di una splendida vista del gruppo di montagna tra cui svettano il Torre ed il Fitzroy. Vedi il post qui: Nella parte sud del parco, tra le tante meraviglie, non dovete perdervi le due escursioni più importanti, che sono quella al Perito Moreno, il più spettacolare ghiacciaio al mondo, il cui fronte avanza con una media di 700 mt. l'anno, e quella in battello al Lago Argentino, che tra i suoi iceberg arriva a lambire alcuni dei ghiacciai più importanti del parco. Base logistica per tutte le è escursioni è la città di El Calafate, dove troverete strutture di accoglienza per tutte le tasche. Vedi il post qui:
- CONSIGLI FOTOGRAFICI. LA PROFONDITA' DI CAMPO
La profondità di campo è uno dei principali strumenti creativi a disposizione di chi fotografa, ed una delle prime cose di cui si sente parlare in un corso di fotografia. Per spiegare la profondità di campo dobbiamo sapere che esiste un Punto Focale che è il punto perfettamente nitido di ciò che inquadriamo da quel punto, che possiamo definire fuoco 0, esiste una zona che il nostro occhio percepisce comunque a fuoco e che si trova prima e dopo il punto focale, questa è definita profondità di campo. La sfuocatura più o meno evidente intorno al soggetto crea un effetto creativo usato spesso sopratutto nella fotografia ritrattistica o nello still life. Nella foto successiva osserviamo come il punto focale si trovi sugli occhi della Vigogna ed il fuoco dell'immagine và via via diminuendo davanti e dietro questo punto. La profondità di campo è influenzata da tre fattori che sono: APERTURA DEL DIAFRAMMA LUNGHEZZA FOCALE DELL'OBBIETTIVO DISTANZA DAL SOGGETTO APERTURA DEL DIAFRAMMA: il diaframma è un meccanismo a lamelle posto sull'obbiettivo che regola la quantità di luce che va a colpire il sensore o la pellicola della nostra macchina fotografica. Il valore dei vari stop di diaframma, ovvero la quantità di regolazioni in apertura e chiusura delle lamelle, è indicato con "f" e paradossalmente segue una logica contraria a quello che molti fotografi principianti pensano, ovvero a "f" di valore minore corrisponde un'apertura di diaframma maggiore. Accade così che in una scala di f4 - f8 - f11, f4 è l'apertura diaframma maggiore con maggior entrata di luce ed f11 è quella minore, con minor entrata di luce. Automaticamente l'apertura di diaframma incide anche sulla profondità di campo ovvero su quanto spazio verrà messo a fuoco prima e dopo il punto focale 0. In questo caso a diaframma molto aperto corrisponderà meno messa a fuoco, mentre a diaframma molto chiuso lo spazio di fuoco dal punto focale sarà maggiore.La regola è: Più piccola è l’apertura del diaframma (e quindi, più alto è F), maggiore è la profondità di campo Più grande è l’apertura del diaframma (e quindi, più basso è F), minore è la profondità di campo LUNGHEZZA FOCALE DELL'OBBIETTIVO: tecnicamente è è la distanza fra il centro ottico dell’obiettivo e il piano di messa a fuoco (cioè il sensore). La riconoscete perchè è sempre descritta in mm. ed è una caratteristica imprescindibile per riconoscere gli obiettivi e le loro tipologie. Così un obiettivo 50mm. è un'ottica fissa chiamata NORMALE proprio perché offre un angolo di campo quasi equivalente a quello effettivo dei tuoi occhi,potremmo dire in scala 1:1 con quello che vedono i tuoi occhi. Un 35mm. (o inferiore) è detto GRANDANGOLARE perchè allarga la visione rispetto alla realtà riducendone le dimensioni è quindi indicato per le foto panoramiche Un 70mm. (o superiore), viene chiamatoTELEOBIETTIVO perchè restringe il campo visivo ed avvicina il soggetto A questi bisogna poi aggiungere la categoria ZOOM, ovvero quelle ottiche mobile che coprono una diversa disatanza focale (es. 35/70, 70/210 ecc.). La regola è che con più la distanza focale del vostro obiettivo è maggiore, con più riuscirete a sfruttare l'effetto artistico dato dalla profondità di campo, ad esempio la foto dell'alpaca che è stata fatta con un 210mm. f3,5 ha permesso di ottenere un punto focale molto ristretto e sfuocare il resto dell'immagine portando così l'attenzione dell'osservatore sugli occhi del soggetto e la loro espressione. Per chiarire tenete sempre presente la regola seguente: Maggiore è la lunghezza focale dell’obiettivo, minore è la profondità di campo Minore è la lunghezza focale dell’obiettivo, maggiore è la profondità di campo DISTANZA DAL SOGGETTO: La distanza dal soggetto è importante per ottenere un effetto di sfuocato creativo inquanto più siamo vicini al soggetto, più la profondità di campo è minore. più il soggetto è distante, maggiore è la profondità di campo In questa foto con lo stesso soggetto la profondità di campo cambia a seconda del punto focale scelto
- VILLA LANTE, LO SPLENDORE DEI GIARDINI ALL'ITALIANA
Se avete visitato Bomarzo siete passati molto vicini a questa meraviglia dell'architettura cinquecentesca che ospita uno dei giardini all'Italiana più belli e meglio conservati del nostro paese. La villa fu costruita tra il XVI ed il XVII secolo per volere del cardinale Raffaele Riario, nipote di papa Sisto IV della Rovere. Concepita come residenza estiva dei vescovi di Viterbo ne fu affidato il progetto al celebre architetto Jacopo Barozzi, detto il Vignola. Di tutta l'estensione del terreno appartenente alla villa, oggi si può visitare solo la parte monumentale, mentre il resto del parco con le sue centinaia di ettari boschivi sono interdetti ai visitatori. La villa è un prolungamento dell'abitato medievale di Bagnaia dove vale la pena fre due passi per visitare la sua parte antica. posizione su Maps: https://goo.gl/maps/vQsLYtxhvbXZLZGQ8 Appena entrati vi troverete di fronte al bellissimo giardino ornato di siepi che disegnano labirinti intricati che evocano la graticola del martirio di San Lorenzo. Al centro la grande Fontana dei Mori, detta anche Fontana del Quadrato formata da una piscina quadrata con al centro un camminamento circolare collegato ai bordi della piscina da quattro passerelle sull'acqua. Il tutto crea un bellissimo effetto di prospettive perfettamente disegnate. Salite sulla scalinata che si affaccia sul giardino, da qui potrete vedere dall'alto questo meraviglioso spettacolo architettonico. Continuando a salire la scalinata a doppia rampa si incontra la fontana Fontana dei Giganti. con la statua del nettuno dalla cui base zampillano decine di getti d'acqua, di fronte alla fontana un basamento in pietra scavato al centro porta l'acqua per caduta verso la fontana principale del giardino. Ancora più in alto, achiudere la teoria di meravigliosi giochi d'acqua la Fontana dei Delfini. Il biglietto d'ingresso è di appena Euro 5.00. info orari di apertura: https://www.grandigiardini.it/giardini-scheda.php?id=67
- PARCO REGIONALE "VALLE DEL TREJA"
Il Treja è un piccolo corso d'acqua, affluente di destra del Tevere, che scorre in un paesaggio lusserreggiante, dove ha scavato forre profonde nei tufi vulcanici. Si tratta di un'area protetta di grande valore ambientale caratterizzata dalla presenza di istrici, cinghiali, tassi, volpi e tra ivolatili, gheppio, falco pellegrino e poiane. Nelle pozze di acqua ferma è possibile osservare la rara salamandrina dagli occhiali. La morfologia della zona è caratterizzata da stretti fondovalli sovrastati da alte pareti rocciose, si tratta di un ambiente umido dove crescono felci, noccioli, aceri ed olmi e molte specie di fiori autoctoni come ginestre e ciclamini. La rete dei percorsi si sviluppa parallelamente alla valle tra Castellaccio, Mazzano Romano e Calcata con una ventina di sentieri ben segnalati che, in alcuni casi, accedono anche a zone di importanza arcgeologica come Narce, antica città Falisca. Attacco del sentiero e parcheggio: https://g.page/cascatemontegelato?share sito ufficiale del parco: https://www.parchilazio.it/valledeltreja cartografia del parco: https://www.parchilazio.it/valledeltreja-schede-13242-mappa_georeferenziata Ho percorso personalmente il sentiero che parte dalle cascate di Monte Gelato ed arriva al paese di Mazzano Romano. Si lascia la macchina nel parcheggio situato poco oltre l'attacco del sentiero, si entra nel bosco scendendo verso le cascate passando di fianco ad un antico mulino ed attraversando il fiume su un ponte in pietra giungendo nalla spianata delle cascate, durante la settimana è un luogo fantastico immerso nella natura, unico rumore quello dell'acqua che scorre dalle cascate e si incanala nel vallone tra le rocce di tufo. Dalle cascate l'antico sentiero è stato chiuso per ragioni di sicurezza quindi bisogna risalire per tornare sulla strada asfaltata, superare il ponte carreggiabile e prendere a destra un sentiero che sale lungo una collina coltivata dopo la quale ci si tuffa di nuovo nella vegetazione verdeggiante e seguendo il fiume tra rocce e alberi si arriva al borgo di Mazzano Romano. Il percorso dura poco più di un'ora con pochissimo dislivello in ambiente di rara bellezza. Mappa sentiero: https://g.page/cascatemontegelato?share Altro sentiero interessante è quello che parte da Mazzano e va verso Calcata, qui la valle si stringe e sempre seguendo il fiume passa al lato dei resti di un antico santuario Falisco che era parte dell'acropoli della città di Narce i cui resti rimangono sepolti nelle foreste circostanti. Superato il santuario si attraversa il fiume passando su un ponte Tibetano di recente costruzione e inoltrandosi nel bosco si raggiunge l'abitato medievale di Calcata. Anche in questo caso il percorso dura circa 1 ora e mezza con una parte finale di lieve salita con qualche centinaio di metri di dislivello per arrivare a Calcata. Mappa sentiero: https://www.parchilazio.it/valledeltreja-schede-1327-il_cuore_del_parco_da_mazzano_romano_a_calcata
- CALCATA, IL BORGO DEGLI ARTISTI
Il borgo medievale di Calcata è uno dei più bei borghi del Lazio e si trova su uno sperone di roccia a picco sulla valle del fiume Treja. Inserita nel lussurreggiante paesaggio naturale del Parco della valle del Treja, Calcata mantiene intatto il suo aspetto medievale che gli abitanti hanno saputo sfruttare a loro vantaggio, trasformandolo in una meta turistica di turismo sostenibile. Da anni si è trasferita qui una vasta comunità di artigiani che ogni giorno apre i propri atelier nelle varie botteghe disseminate nei vicoli del borgo. Nei pressi di Calcata si trovano le rovine dell'antica città Falisca di Narce che è possibile visitare seguendo alcuni sentieri segnalati all'interno del Parco che si snodano lungo il fiume Treja. Si tratta di un habitat molto affascinante e selvaggio ricco di flora e di fauna rare. Esplorare le stradine strette del borgo e curiosare tra le botteghe degli artisti e le case abbellite da fiori di ogni tipo è il modo migliore per godere dell'atmosfera di pace e relax che regna a Calcata. Se riuscite venite qui durante la settimana, quando la presenza dei visitatori è meno pressante. Se siete amanti dei gatti sicuramente troverete piacevole l'amore che gli abitanti di Calcata dimostrano per i simpatici felini. In ogni angolo del borgo, che sia su una scala o dietro o dentro un vaso di fiori oppure affacciato ad un davanzale, sarete sempre osservati dai loro occhi serafici e curiosi.
- LE CITTÀ DEL TUFO MAREMMANE
Inaugurato nel 1998, il Parco Archeologico “Città del Tufo” include i territori di Sovana, Sorano e Pitigliano, tre centri abitati ricchi di storia e testimonianze archeologiche della civiltà Etrusca. I borghi di Pitigliano e Sorano mantengono inalterato il loro impianto urbanistico medievale con vicoli ed edifici costruiti su grandi basamenti tufacei. I loro dintorni sono disseminati di necropoli rupestri e le spettacolari vie cave, scavate artificialmente dagli Etruschi nella roccia tuface per aprire vie di comunicazione. Sovana è un piccolo borgo medievale che sorge al centro del Parco Archeologico del Tufo, ricco di tombe monumentali. PITIGLIANO Se arrivate a Pitigliano dalla SR74, in direzione di Corano-Manciano vi troverete di fronte ad uno dei panorami più belli della Maremma. Dalla curva della Madonna delle Grazie, dove si trova la piccola chiesetta omonima, si può osservare in tutto il suo splendore il borgo medievale con le sue case costruite a strapiombo sulla valle del Fiora. Parcheggiate l'auto nello spiazzo antistante la chiesa e preparatevi a fare qualche bella foto, se poi avete un cavalletto recatevi qui anche la sera nell'ora Blu quando il sole già tramontato lascia la scena alle luci delle case che si accendono come un presepe. Se siete in vena di fotografare e volete un'altra prospettiva panoramica di Pitigliano prendete la Strada Provinciale della Madonna, in direzione di Pitigliano, dalla quale si vede il versante nord del borgo. LA VISITA L'ingresso principale di Pitigliano passa sotto l'acquedotto mediceo, costruito tra il 1636 ed il 1639 e formato da quindici archi. Poco più avanti si apre Piazza Petruccioli con la Fontana delle Sette Cannelle con i prospiciente portale ad archi che si affaccia sulla valle del Fiora con ampi scorci panoramici. Alle spalle della fontana si trova Palazzo Orsini, originariamente appartenente ai Conti Aldobrandeschi e passato nel 1313 alla famiglia Orsini. Si tratta di un palazzo fortezza che oggi ospita un interessante complesso museale. Vicino a Palazzo Orsini è stata aperta da qualche anno una passerella panoramica che costeggia parte della parete tufacea del borgo fino a via Santa Chiara, è un suggestivo percorso a strapiombo con suggestivi scorci panoramici. dal XVI° sec. sotto la protezione dei conti Orsini Pitigliano fu sede di un'importante comunità Ebraica. Con il successivo passaggio della contea al Granducato di Toscana di Cosimo II dei Medici, iniziarono gli anni difficili con la chiusura nel ghetto, la discriminazione e l'emarginazione che perdurarono fino al 1765. In via Zucchelli si può visitare l'interessantissimo museo della Sinagoga con i suoi sotterranei scavati nel tufo che ospitavano il bagno rituale, la macelleria Kasher, il forno delle azzime, la cantina Kasher e la tintoria. info e prenotazioni: 0564614230 3281907173 € 5,00 intero; € 4,00 ridotto Email: lapiccolagerusalemme@gmail.com. A Pitigliano si trovano numerosi B&B e ristoranti molti di questi ultimi sono stati ricavati da antichi locali scavati nel tufo creando location moto suggestive. Prendetevi qualche ora per visitare Pitigliano e perdervi nei suoi vicoli con gli affacci sulla valle sottostante, le case in tufo, gli androni e le piazzette. Fuori le mura consigliamo la visita al Museo Archeologico all’Aperto Alberto Manzi, un percorso interattivo decisamente suggestivo che si sviluppa tra la vegetazione e i resti della civiltà etrusca; si suddivide tra “città dei vivi” e “città dei morti”. Nella primasono stati realizzate due copie di abitazione in scala reale, una capanna dell'età del Bronzo finale (XII-XI secolo a.C.) ed un'abitazione etrusca dell'età arcaica (VII-VI secolo a.C.). Si prosegue all'interno della Via Cava del Gradone (antico percorso etrusco scavato nella roccia tufacea) che conduce alla “città dei morti” ed alla Necropoli del Gradone. Le sepolture di questa necropoli risalgono al VII e VI secolo a.C. per tutte le info su Pitigliano: https://www.comune.pitigliano.gr.it/index.php SORANO Da Pitigliano si arriva a Sorano percorrendo la Strada Provinciale 22 di Sovana e 2 km. prima di arrivare al borgo incontriamo le indicazioni per il complesso rupestre di San Rocco. Il sentiero che parte dalla strada porta alla via cava di San Rocco, una delle più spettacolari della zona, situata all'interno dell'omonimo complesso rupestre che comprende circa 200 tombe scavate nel tufo. Le vie cave sono opere uniche al mondo, nella zona del Parco ne esistono alcune decine, si tratta di strade scavate nel tufo della larghezza di pochi metri ed alte fino decine di metri le più lunghe arrivano a raggiungere l'estensione di 1 km. Il loro utilizzo era sicuramente quello di vie di comunicazione tra centri abitati, ma anche per accedere alle necropoli e sono una prerogativa della civiltà etrusca. Dopo aver esplorato la via cava di San Rocco raggiungete il belvedere che si trova non lontano dalla chiesetta posta all'inizio del sentiero, da qui avrete una fantastica panoramica del borgo antico di Sorano. LA VISITA Il borgo di Sorano si sviluppa in verticale su vari livelli che terminano con la mole della Fortezza Orsini. Entrando dall'arco del Ferrini si nota subito come la struttura dell'abitato sia esposta a strapiombo sulla sottostante valle del fiume Lente in un susseguirsi di vicoli e stradine che si aprono di tanto in tanto in affacci panoramici di grande bellezza. Salendo in direzione della fortezza si incontra lo straordinario Masso Leopoldino, una spianata ricavata da un enorme masso tufaceo a forma di nave su cui si affaccia la torre dell'orologio. Da qui si ha un'impressionante vista a 360° sui tetti e le case del borgo. Camminare lungo i tortuosi vicoli di Sorano è un'esperienza unica perchè la sua rete urbanistica è assolutamente intatta e conserva tutte le sue caratteristiche medievali, alcune zone del borgo sono state abbandonate per l'abbandono di molti abitanti che hanno preferito trasferirsi altrove in cerca di nuove opportunità di lavoro. Al contrario di Pitigliano, Sorano non ha molte opzioni di scelta per quel che riguarda alloggio e ristoranti, se però volete pernottare qui nei dintorni del paese ci sono alcuni B&B interessanti. SOVANA Città natale di Ildebrando di Sovana, divenuto nel 1073 Papa Gregorio VII, Sovana è un piccolo borgo medievale con alcuni gioielli architettonici di grande valore e centro della interessantissima necropoli rupestre monumentale ricca di tombe di varie tipologie e di vie cave che attraversano la fitta vegetazione selvaggia. In paese, composto da due strade parallele che lo percorrono da est ad ovest, meritano una visita la piazza con i palazzi Pretorio, dell'Archivio, Bourbon del Monte, la chiesa di Santa Maria, la chiesa di San Mamiliano, dove nel 2004, durante i lavori di restauro della chiesa, fu rinvenuto un tesoro composto da 498 monete d'oro (solidi aurei) del V sec. ed il Duomo. La necropoli circonda l'abitato di Sovana, tutti i siti sono ben segnalati e si vicino alla Tomba Ildebranda si trova l'ingresso dove potete acquistare il biglietto e ricevere alcune informazioni. Durante la visita da non perdetere la Tomba Ildebranda, la più famosa e monumentale dell'area archeologica, la Tomba Pisa, la tomba della Sirena con le vicine vie cave, tra cui la Via cava di San Sebastiano (che presentapareti alte più di 20 metri) e il Cavone coperta da muschi e licheni che rivestono quasi interamente le sue pareti. Ancora le tombe Pola, del Tifone e dei Demoni Alati. Prendetevi, se possibile, un'intera giornata per la visita del borgo e della necropoli, ne vale la pena, sopratutto per godersi l'atmosfera magica di questi luoghi. Per maggiori info consultate il sito del parco: https://cittadeltufo.com/il-parco/ La necropoli rupestre di Sovana su maps: https://goo.gl/maps/dr7McCnFNQNuGxYH8 LA LEGGENDA DELLA MANO DI ORLANDO La Mano di Orlando è un grande masso scolpito a forma di mano probabilmente risalente ad un'epoca più antica del medioevo che si trova a circa 2 km. da Sovana sulla strada di Pitigliano. L'origine di questo misterioso manufatto è sconosciuta e potrebbe risalire addirittura all'epoca megalitica quando era consuetudine innalzare grandi monumenti di pietra come i dolmen e i menir della Francia. La tradizione vuole che Orlando, l'eroe della Chanson de Roland, fu chiamato in aiuto da Carlo Magno per conquistare la città di Sovana che resisteva all'aasedio da troppo tempo. La città però nonostante l'arrivo del grande eroe non cadde e allora Orlando frustrato si inginocchiò davanti ad un masso e appoggiandovi la mano pregò con tanta enfasi che la roccia prese le sembianze della sua mano. Un'altra tesi sostiene che il masso fosse usato per dare la forma alle funi di canapa, che qui veniva coltivata fino ai primi del '900, passandole tra le sue fessure. MAREMMA IN TAVOLA Fortemente influenzata dallo stile di vita frugale e legato al lavoro nei campi e nei pascoli, la cucina Maremmana vede protagoniste le zuppe di verdura ed i piatti a base di cacciagione, principalmente di cinghiale. Nel variegato menu delle zuppe primeggia sicuramente l'acquacotta, che può essere preparata in differenti versioni, zuppa di ceci, zuppa di fagioli ed ancora la zuppa di pane, fatta con fagioli rossi odori, cotenna di maiale e pane raffermo. Tra i primi meritano un assaggio le pappardelle al cinghiale o al sugo di lepre, gli gnocchi al pane di cinghiale e le fettuccine ai tartufi bianchi. Tra i formati di pasta tipici troviamo i Pici, simili, ma più grossi degli spaghetti, normalmente vengono conditi con un sugo di carne. Il menu delle carni vede protagonisti il cinghiale e la lepre preparati in vari modi, ma anche l'anatra alla cacciatora e il Buglione, un mix di carne di agnello, lepre e cinghiale in umido di solito servita su fette di pane raffermo.
- BORGO FANTASMA DI MONTERANO. LAZIO
Monterano antica si trova a pochi km. da Roma, consiglio di visitarla durante la settimana o comunque evitare la domenica. Se vi recate sul luogo la mattina presto è più facile che riusciate a visitare le rovine in completa solitudine. La visita dura circa un'ora, tempo necessario per visitare il sito composto dal nucleo del borgo con il palazzo ducale o castello Orsini-Altieri che è l'edificio più imponente del borgo, e dalla vicina chiesa di San Bonaventura con l'annesso convento con fontana costruite su progetto del Bernini. Monterano, come la maggior parte dei centri di questa regione, ha origini Etrusca, poi passata sotto il controllo di Roma rimase centro di poca importanza fino al medioevo quando divenne sede vescovile. In epoca moderna divenne proprietà prima degli Orsini poi degli Altieri. Nel 1700 l'abitato cominciò a spopolarsi a causa della malaria e della perdita di importanza dovuta alla posizione decentrata rispetto alle vie di comunicazione venne abbandona definitivamente alla fine del secolo. Il territorio di Monterano era consacrato dagli Etruschi al dio dell'oltretomba Manth (in latino Mantus), da qui il toponimo Monterano. troverete informazioni dettagliate al link: https://it.wikipedia.org/wiki/Monterano https://www.lazionascosto.it/citta-fantasma-borghi-abbandonati-del-lazio/monterano/ Il parcheggio si trova a poche decine di metri dal sito che ci accoglie con la monumentale struttura dell'acquedotto, realizzato nel XVII secolo, l'acquedotto supera la depressione che separava l'area dell'abitato dal retrostante pianoro con un ponte su due serie di arcate che superano i venti metri di altezza crea un bellissimo colpo d'occhio nella vallata sottostante al borgo. Superato l'acquedotto un sentiero si inerpica sul blocco tufaceo che ospita l'antico borgo, salendo avrete alla vostra sinistra la mole in rovina del castello cui si accede dai resti di un'antica porta. L'interno è interdetto per ragioni di sicurezza, ma potete vedere tranquillamente tutto affacciandovi ad uno dei tanti varchi aperti nelle mura. Tenendo il castello sulla vostra sinistra arriverete ad un altro passaggio che da accesso alla chiesa di San Rocco le cui rovine senza tetto sono di grande effetto, al lato della chiesa i resti del campanile. Uscendo da San Rocco troverete alla vostra destra la facciata d'ingresso del castello con l'effige del leone anch'esso di scuola Berniniana. Usciti dal borgo si ammira su una grande spianata erbosa a qualche decina di metri di distanza, la chiesa e convento di San Buonaventura con la fontana ottagonale costruiti su progetto di Lorenzo Bernini. Le rovine della chiesa con la prospicente fontana sorgono isolate sulla radura e creano una scenografia unica degna di un dipinto classicista.
- Il tesoro del Kerala: le spezie
Il Malabar fu frequentato fin dall’antichità da un’enorme quantità di mercanti, attratti dall’enorme profusione di spezie che si trovavano nel suo territorio. Polveri, semi e radici preziose quanto l’oro tanto da essere adoperate come moneta di scambio nei commerci e tuttora tesoro inestimabile per il Kerala che ancora oggi ricopre un ruolo significativo nel mercato globale delle spezie. Nessun Paese al mondo riesce ad equiparare l’India nella produzione di così tante qualità di spezie, che vengono coltivate soprattutto sulle colline e sui Ghats ai confini con il Tamil Nadu. Tutte le piantagioni sono visitabili e accolgono i turisti avvolgendoli con fragranti profumi presso i loro giardini aromatici. Alcune di loro organizzano tour ecologici nei vivai per vedere ogni processo di lavorazione con la possibilità di dormire in lussuosi bungalow e mangiare cibi genuini e naturali. Vale la pena specificare che una spezia può essere sotto forma di seme secco, frutto, radice, corteccia o sostanza vegetativa e può essere utilizzata come additivo alle vivande, a scopo di fornire un particolare sapore, oppure può essere adoperata come digestivo, o come medicinale, infine, può servire per conservare gli alimenti. Di seguito un breve cenno ad alcune spezie tipiche del Kerala in modo da poterle riconosce e per conoscerne le qualità, (tra parentesi è inserito il nome in hindi e quello inglese). Anice Stellato (anasphal/star anise), appartiene alla famiglia delle Illiciaceae; coltivato esclusivamente in Oriente ed in particolare in Kerala, deve il nome dalla forma di stella a 8-10 punte, dura e legnosa quando essiccata. Contiene un olio essenziale ricco di anetolo utilizzato come digestivo e contro la flatulenza, in Oriente gli viene attribuita un’azione preventiva al cancro; in cucina è usato per dare gusto a carni di pollo, maiale e coniglio ed è un ingrediente di dolci e bevande tradizionali come torte, biscotti, panpepati, Pernod e Anisette. I frutti dell’Anice stellato sono conosciuti anche per la loro bellezza e utilizzati come decorazioni in composizioni floreali. Assafetida o Concime del diavolo (hing/asafoetida), è una resina estratta dalla radice di alcune piante della famiglia delle Apiaceae (o Ferula, come il prezzemolo). Molto popolare nell’antichità era usata per condire carni arrosto, attualmente è praticamente sconosciuta in Occidente anche se, non tutti lo sanno, è un ingrediente della salsa worcestershire. In India è utilizzata nei piatti a base di verdure al posto dell'aglio o delle cipolle, inoltre una puntina nella cottura dei legumi evita spiacevoli disturbi di colite. Reperibile in tocchetti, in polvere o in granuli anche se è preferibile acquistarla macinata e mescolata con farina di riso ed utilizzarla in quantità minime. Una delle sue caratteristiche principali è lo sgradevole odore, che però si modifica in un aroma simile a quello del tartufo, se la si soffrigge brevemente nell'olio. In medicina si usa contro la fermentazione gastrica, come sedativo dell'isterismo e degli stati di eccitamento psico-motorio. Cannella (dalchini/cinnamon), con questo nome si identificano principalmente due tipi di piante: la Cinnamomum zeylanicum, della famiglia delle Lauraceae e la Cinnamomum aromaticum Nees della famiglia delle Fabaceae. La coltivazione keralese ha esclusivamente Cinnamomum zeylanicum, detta anche Cinnamomum verum un piccolo albero sempreverde. La spezia non si ricava dal seme o dal frutto, ma dal fusto e dai ramoscelli che, un volta liberati del sughero esterno e trattati, assumono il classico aspetto di una piccola pergamena color nocciola. La cannella può venire venduta in questa forma e sbriciolata al momento dell'uso, oppure può essere venduta in polvere. In Occidente viene impiegata nei dolci di frutta, specie di mele, nella lavorazione del cioccolato, come aroma in creme, nella panna montata, nella meringa, nei gelati e in numerosi liquori. In Orientale la si adopera anche nel salato come accompagnamento di carni. Tutti se ne avvalgono come aromatizzante del the. In medicina viene sfruttata contro le infreddature e come antibatterico e antispastico. Le viene anche riconosciuta la capacità di abbassare il colesterolo e i trigliceridi nel sangue. Cardamomo (elaichi/cardamoms), detto anche Elettaria (cardamomo verde) o Amomum (cardamomo nero) è una pianta tropicale appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, viene considerato la terza spezia più cara al mondo dopo zafferano e vaniglia. Il frutto è una capsula con all’interno dei semi che sono utilizzati come spezie; a causa della perdita veloce dell’aroma i semi vengono venduti all’interno del loro frutto essiccato. Quando si deve usare si rompe l’involucro e si macinano i semi. Nell’antichità era adottato, in Occidente, per fare i profumi. In Oriente è molto adoperato per aromatizzare il caffè e il the. In medicina il cardamomo verde è impiegato per la cura di infezioni ai denti e alle gengive, per prevenire e curare malattie della gola, congestioni dei polmoni e tubercolosi polmonare, infiammazioni delle palpebre e anche disordini digestivi. Sembra sia anche essere sfruttato come antidoto contro il veleno di serpenti e scorpioni. Il cardamomo nero serve invece per curare mal di stomaco, stitichezza, dissenteria e altri disturbi digestivi. Chiodi di garofano (laung/cloves), deriva dalla pianta Eugenia caryophyllata che raggiunge i 10-15 mt. di altezza e i cui boccioli vengono trattati ed essiccati per ricavare la spezia in questione che prendono il nome dalla forma che raggiungono una volta essiccati. I chiodi di garofano sono impiegati in cucina sia per prepare i dolci, che i contorni o per dare aroma a liquori e infusi. In medicina gli vengono attribuiti forti poteri di anestetico locale tanto che anticamente venivano sfruttati per lenire i dolori ai denti e tutt'oggi l'essenza viene adottata in medicina nei disinfettanti orali. Alleviano inoltre le emicranie e aiutano nella circolazione sanguigna. Coriandolo (dhaniya/coriander), appartiene alla stessa famiglia del cumino, dell'aneto, del finocchio e del prezzemolo ed è anche conosciuto con il nome prezzemolo cinese. Gli impieghi culinari sono moltissimi, viene usato nella preparazione dei salumi e per insaporire verdure, carne e pesce. I semi, meno piccanti delle foglie, dolci con un sapore simile al limone, vengono macinati e usati come spezia e sono l'ingrediente principale del curry e del garam masala. In medicina è adoperato in infusione per combattere i dolori di stomaco. Cumino (jeera/cumin), pianta della famiglia delle Apiaceae o Umbrelliferae di cui si usano i semi messi prima a maturare poi ad essiccare. L’aroma è leggermente amaro e pepato ed i semi sono usati in cucina per marinare le carni, mentre i germogli freschi sono aggiunti come ingrediente nelle zuppe. Il Cumino, svolge una azione regolatrice della funzionalità gastrointestinale. stimola la secrezione gastrica, facilita la digestione, ed ha una azione antispasmodica, elimina i gas intestinali. In medicina è adoperato contro le coliche e i crampi addominali (anche di origine nervosa). I frutti stimolano l'appetito e facilitano la digestione. Pare che serva anche ad aumentare il latte delle nutrici. Curcuma (haldi/turmeric), pianta della famiglia delle Zinziberacee, come lo zenzero. Chiamata anche zafferano delle Indie, se ne utilizza la radice dalla quale si ricava una polvere giallo arancio molto insenso. L’India è il primo produttore di questa spezia nel mondo. In cucina è il principale ingrediente per il curry, nella medicina ayurvedica viene utilizzata come depurativo, cicatrizzante e antinfiammatorio. Viene anche impiegata per tingere la lana e la seta. Fieno greco (methe/fenugreek leaves), pianta della famiglia delle Leguminose dall’aspetto simile a quello del trifoglio, con piccoli fiori bianchi. I semi, anche se amari e dall’odore acuto, sono usati in cucina nel curry, in salamoie e in piatti a base di verdura e lenticchie. In medicina vengono utilizzati come prodotto dietetico-terapeutico nel trattamento degli individui astenici, magri e dei convalescenti perché grazie all’elevato valore calorico fa riacquistare il peso perduto. Viene inoltre utilizzato contro gli ascessi, le emorroidi, le vaginiti e inoltre come antirughe. Possiede un’azione detergente, lenitiva, cicatrizzante nelle piaghe e nelle ferite. Noce moscata (jaiphal/nutmeg), seme di un albero sempreverde (Myristica fragrans) che può raggiungere l'altezza di oltre 10 mt. Due-tre volte l'anno la pianta produce numerosi frutti, della dimensione di piccole pesche che, una volta maturi, si aprono a metà e che all’interno contengono la noce, all’inizio morbida per poi se lasciata all’aria diventare di consistenza legnosa. In commercio la spezia si può trovare in semi interi (marrone scuro o bianchi) oppure macinata. In cucina si utilizza nella preparazione di dolci, budini, creme e torte, ma anche di purè. Viene inoltre aggiunta ai ripieni per tortellini, ravioli o cannelloni. Le sue proprietà terapeutiche sono utilizzate come stimolo nella digestione, ma in dosi elevate ha proprietà narcotiche, convulsive ed allucinatorie. Pepe nero (Kali Mirch Sabut/black peppercorns), pianta della famiglia delle Piperaceae coltivato per la prima volta proprio lungo le coste del Malabar. Il frutto, maturo, si presenta come una bacca color rosso scuro contenente un solo seme. Il suo gusto piccante è dato dalla piperina e viene utilizzato moltissimo in cucina in un’infinità di ricette dolci e salate. Nella medicina ayurvedica si impiega per la cura di costipazione, diarrea, indigestione, punture d'insetto, insonnia e problemi epatici. Lo stesso frutto lavorato, è utilizzato per produrre il pepe bianco, il pepe rosa e il pepe verde. Tamarindo (imli/tamarind), albero che può superare i 20 mt. di altezza e rimane sempreverde in regioni che non hanno la stagione secca, è utilizzato per l'alimentazione in particolare nella cucina dell'India del Sud, per preparare il sambhar ed è un importante ingrediente delle salse worcestershire. I frutti maturi sono molto dolci e possono essere usati come dessert, bevande o spuntini. Viene anche sfruttato per le sue proprietà medicinali in tisane utili a fermare le febbri malariche e nella medicina ayurvedica per problemi gastrici o digestivi e contro il mal di denti. La pianta viene anche adottata per scopi ornamentali. Zafferano (zaffran o kesar/saffron), il nome deriva dall'arabo za-farán e dal persiano zaa-fran è un fiore di Crocus sativus della famiglia delle Iridaceae, dal colore viola, solitario con foglie lanceolate che fiorisce nel periodo autunnale di cui si utilizza solo il pistillo. Viene raccolto a mano da persone con mani abili e gentili, allenate a non rovinare la preziosa spezia. La lavorazione, totalmente manuale e, il fatto che occorrano circa 120.000/150.000 fiori per ottenere un chilogrammo di prodotto finito (ogni fiore ha solamente da tre a cinque stimmi), ne spiega l’alto costo. Conosciuto fin dai tempi più remoti venne e viene impiegato nell’arte culinaria, come ingrediente in piatti a base di riso, crostacei e frutti di mare, carni bianche in umido come pollame coniglio e vitello. È indicato anche per esaltare condimenti di verdure. Viene inoltre utilizzato nell'impasto di dolci lievitati, in biscotti, creme o gelati. Chiamato anche elisir di lunga vita gli vengono attribuite proprietà quali contrastare l'invecchiamento, stimolare il metabolismo, favorire le funzioni digestive, ridurre la pressione sanguigna e abbassare le quote di colesterolo e trigliceridi. Venne citato anche nelle opere di Omero e Virgilio per le sue preziosi qualità e come colorante per tessuti. Zenzero (adrak/ginger), lo Zingiber officinale è una pianta erbacea delle famiglia delle Zingiberaceae, possiede una radice carnosa e densamente ramificata, dal quale si dipartono, sia lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate, sia getti corti, portanti fiori profumati giallo-verdastri con macchie porporine. In cucina è molto apprezzato, soprattutto nei paesi orientali, dove la radice tritata finemente, viene aggiunta all'ultimo momento sui piatti a base di carne o verdura, così come da noi viene usato il parmigiano. Lo zenzero è, inoltre, uno stimolante generale ed un efficace ricostituente conosciuto fin nell’antichità per lottare contro l'affaticamento, l'astenia e l'impotenza. Nella medicina ayurvedica viene considerato una spezia "calda", che stimola la circolazione, rilassa i vasi sanguigni periferici, impedisce il vomito, ha effetto spasmolitico, favorisce la digestione, è antisettico.
- KERALA 'LA TERRA DEGLI DEI'
Cre Il Kerala, (il nome “kera” vuole anche dire palma da cocco) è sicuramente uno degli Stati indiani più affascinanti. Qui, in uno scenario di natura lusserreggiante, troviamo antiche tradizioni, una grande vocazione all'accoglienza turistica e la filosofia Ayurvedica che ha come scopo il benessere del corpo. Le principali attrazioni dello Stato sono: Fort Cochi, città considerata la regina del Mare Arabico, formata da una serie di isole da dove partivano tutte le spezie per raggiungere l’Europa e dove esistono ancora le strade, le chiese e i bastioni costruiti dai portoghesi oltre 500 anni fa; le famosissime “backwaters”, una fitta rete di canali navigabili immersi nel verde di una rigogliosa vegetazione dove è possibile effettuare gite sulle case galleggianti per ammirare le centinaia di uccelli migratori nella pace di un paesaggio idilliaco; la stazione montana di Munnar, località estiva utilizzata dai britannici con le scenografiche piantagioni di the e spezie profumatissime; la riserva faunistica del Periyar Wildlife Sanctuary tra le colline e le piantagioni di cardamono, dove è possibile ammirare gli elefanti selvaggi e con molta fortuna, la tigre; infine il bellissimo Kuthirarnalika Palace e le belle spiagge di Varkala e Kovalam nei pressi di Trivandrum Le vicende storiche I primi a regnare in questo territorio fin dal I secolo a.C. furono i Chera, da loro viene anche il nome allo Stato, la dinastia sfruttò molto bene le ricchezze della regione e intraprese ben presto commerci di spezie con i popoli del bacino del Mediterraneo. Gli scambi aumentarono poi nel I secolo d.C. quando, spinti dai venti del monsone, i vascelli greci e romani riuscivano ad arrivare in soli 40 giorni sulle coste del Malabar. Il Kerala in quel periodo divenne un grosso nodo commerciale tra Occidente e Oriente: le merci provenienti dalla Cina e dall’Indonesia, come sete e perle e le spezie locali erano vendute a peso d’oro ai commercianti e i sovrani divennero ricchissimi tanto da assumere il titolo di perumar, grande signore. Il raja Cheraman Perumal si convertì all’islam diffondendolo nel Paese, tanto che ancora oggi la popolazione del Nord è per la maggior parte mussulmana, ma tra il IX e l’XI secolo fu l’induismo a diventare la religione dominante, soppiantando buddhismo e jainismo che erano riuscite a prendere piede tra la popolazione. All’inizio dell’XI secolo dalla vicina Thanjavur (Tamil Nadu) entrarono nello Stato i Chola annettendo il Kerala al loro impero. Con la caduta dei Chola il territorio si frazionò in tanti piccoli regni con a capo i zamorin, nome che identificava il locale sovrano. Il regno più importante era quello di Calicut, dove nel 1498 arrivò Vasco de Gama dando il via alle colonizzazioni europee. Il monopolio commerciale in quel periodo era in mano ad arabi e ad ebrei che furono scalzati grazie alla supremazia dei portoghesi. Verso la fine del XVIII secolo il sultano Tipu iniziò dal Mysore una serie di campagne militari per conquistare il Kerala. Gli inglesi offrirono la loro protezione, con la scusa di aiutare i raja locali, presero lentamente il sopravvento e alla morte di Tipu Sultan, s’impadronirono del Malabar, decretando la fine del sultanato di Mysore e la conseguente annessione di Bekal alla Compagnia delle Indie che ne fece il quartier generale del South Canara District, sotto il diretto controllo di Bombay. Nel 1949 con l’Indipendenza, il Malabar entrò a far parte dei prinicipati di Travancore e Kochi, nel 1956 l’India venne poi suddivisa in base al ceppo linguistico e nacque l’attuale Stato del Kerala. Nel 1957 andò al potere il partito marxista CPIM che diede il via ad una serie di riforme economiche e sociali e portò il Kerala ad essere l’unico Stato Indiano completamente alfabetizzato e ad avere un tasso di mortalità infantile assai ridotto rispetto al resto del Paese. Architettura keralese La posizione e la conformazione geografica del Kerala, una lunga striscia stretta di terra che si trova tra il Mare Arabico e i Ghats Occidentali, ricoperta di foreste, battuta da intense pioggie monsoniche e da un sole cocente, ha fatto sì che l’architettura, sia civile che templare dello Stato, si differenzi notevolmente rispetto alle altre regioni indiane. Il tipico stile architettonico civile keralese si chiama Nalukettu e prende spunto dalle case dei ricchi Nair, un gruppo etnico originario del Kerala. Il termine deve le origini dal sanscritoNayaka (capo) oppure Naga (serpenti, oggetto di culto per i Nair). Il tipico materiale per costruire è costituito da pietre, legname, argilla e foglie di palma, ma il legname è il materiale più usato grazie all’abbondanza nel territorio di ogni tipo di legno dal bamboo al teak. La maestria di lavorazione di questo materiale è la particolarità dell’architettura keralese i cui abili artigiani hanno lasciato colonne, tetti e sculture eseguite con raffinatezza e abilità. L’edificio, costruito generalmente con mattoni e legno, possiede all’interno un cortile con giardino (ankanam), ed un porticato sul quale si affacciano tutte le stanze, compreso la cucina, le dispense e i ricoveri per gli animali. Al centro del cortile il pozzo (kuzhi) raccoglie la preziosa acqua piovana. Gli interni e i pavimenti erano anticamente scolpiti in legno pregiato di teck, sandalo o mogano. Oggi sono sempre in legno, ma non più scolpito come allora. I tetti, originariamente ricoperti con foglie di palma da cocco intrecciate ed ora sostituiti da mattonelle, servono a coprire buona parte anche del cortile per proteggere la casa sia dalla pioggia che dal sole battente, mantenedo le stanze fresche. Il fascino di queste strutture è dovuto alla semplicità e alla funzionalità. Sono solitamente fattorie abitate da famiglie allargate costituite anche da una ventina di persone. L’architettura religiosa si distingue per i tetti piramidali ripidi e aguzzi con il telaio in legno ricoperto di rame. Le costruzioni sono in mattoni, pietra, stucco e legno abilmente amalgamati. Al centro sta, come sempre, il sancta sanctorum (garbhagriha), chiamato in Kerala Sree Kovil circondato da un muro (prakara) formante un portico, simile ai nostri chiostri. In ogni punto cardinale sono situati dei tempietti dedicati alle divinità minori chiamati gopuradwara. Di fronte al Sree Kovil si trova un accesso con colonne chiamato namaskara mandapam. Nel lato sud est del prakara si trova la cucina, dove vengono cucinati i pasti dei sacerdoti e dei fedeli. Ogni giorno viene offerto un pranzo a base di riso e lenticchie a chiunque si trovi nel tempio. Una parte del prakara è adibita a teatro (kuttambalam), dove si svolgono manifestazioni artistiche come il Kathakali. Tutto lo scheletro del tempio è in legno poggiato su una base di granito e il complesso è ricoperto interamente dall’ampio tetto, la cui forma serve a proteggere il luogo di culto dalle pioggie dei forti monsoni. Le pareti del prakara, sul lato sinistro, sono intonacate e servono come base per dipingere con colori vegetali immagini divine. Oltre al tetto le altre particolarità sono date da centinaia di lumi in ottone, rigorosamente ad olio, che sono posti sul muro esterno del sancta sanctorum e dall’asta porta bandiera e porta lume posta di fronte all’entrata del garbhagriha chiamata dwajasthambham. Spostamenti Chi viaggia in Kerala si troverà a dover utilizzare ogni tipo di mezzo di trasporto, sia esso su strada, su rotaia o su acqua. Gli Indiani si muovono moltissimo e viaggiare assieme a loro è uno dei modi migliori per entrare in contatto con il complesso sistema sociale del Paese. Durante un viaggio, infatti, potrà capitare d’avere come vicino di posto il ricco uomo d’affari in giacca e cravatta con portatile e cellulare; lo sadhu vestito con un semplice doty bianco il cui bagaglio è composto unicamente da un bastone su cui reggersi ed un fagotto contenente una manciata di riso al curry; oppure un gruppo di fedeli avvolti nei loro abiti neri in pellegrinaggio verso qualche tempio. Detto questo è importante sottolineare che gli spostamenti in India, quindi anche in Kerala, richiedono molto tempo e sono spesso scomodi. Autobus Esistono due modi di viaggiare in autobus, il primo è utilizzando gli autobus della Kerala State Transport Corporation (KSRTC), il secondo utilizzando le compagnie private. I mezzi della KSRTC connettono tra loro le principali città dello Stato con mezzi a lunga percorrenza e le stazioni principali con i villaggi con corse locali. Le tariffe degli autobus della compagnia di Stato si aggirano attorno alle INR 4 per 10 km., in genere le corse si alternano ogni 30/40 min. Nonostante nelle stazioni si sprechino gli aggettivi fast, super-fast, super-express ed altri, che dovrebbero determinare una qualche suddivisione di categoria dei mezzi, non esiste una regolamentazione vera e propria. Gli autobus sono per la maggior parte vecchi ed obsoleti, senza finestrini e con i sedili strettissimi. Gli autisti sono spericolati e viaggiano a velocità elevata, nonostante ciò le frequenti fermate e le condizioni delle strade rendono gli spostamenti lunghissimi, la velocità media, infatti, si attesta intorno ai 20/30 km. per h. Non va meglio con le compagnie private il cui unico vantaggio è di disporre di mezzi più moderni ed un po’ più comodi, ma il costo è più alto ed i tempi di percorrenza gli stessi. Si consiglia di usare l’autobus per i piccoli spostamenti (massimo 100 km.) o quando non esistono altre alternative. Treno Il Kerala è attraversato da nord a sud dalla linea ferroviaria della costa occidentale indiana. I tempi di percorrenza dei treni sono leggermente inferiori rispetto ai bus, ma il vero vantaggio è costituito dalla maggior comodità e libertà di movimento. Le stazioni delle principali città sono quasi tutte dotate di un sistema di biglietteria computerizzato che ha ridotto drasticamente le file agli sportelli. Spesso in biglietteria i posti nelle classi migliori sono esauriti, ma una volta saliti a bordo è possibile, quasi sempre, trovare un posto migliore. Una volta fatto il biglietto si può, volendo, cambiare la classe pagando la relativa differenza di tariffa al controllore. Per quanto riguarda gli spostamenti lunghi, soprattutto se in vagone letto, è sempre meglio prenotare con almeno un paio di giorni d’anticipo. Barche battelli e jetty La grande rete fluviale formata dalle backwaters è una delle maggiori attrazioni del Kerala. Nonostante solo una piccola parte di questo vasto complesso sia nota al turismo in tutto lo Stato è possibile navigarene tratti più o meno lunghi utilizzando i jetty pubblici che collegano i villaggi, oppure i battelli turistici o le house boat. Per maggiori informazioni si rimanda ai capitoli info pratiche e alla sezione dedicata alle backwaters di Alleppey.
- Backwaters, riflessi di tranquillità.
La regione di Kuttanad, che è compresa nei distretti di Kottayam, Alleppey e Kollam ospita uno dei più singolari sistemi lagunari e fluviali del continente asiatico, tanto che le è stato attribuito il soprannome di Venezia dell’Est. Questa è la regione del Kerala più conosciuta per il fenomeno delle backwaters. Il fenomeno in realtà, è ben più vasto ed interessa l’intero Stato, percorso da più di 900 km. di canali navigabili, alimentati da 44 fiumi che scendono dai vicini Ghat occidentali. Gli abitanti del luogo hanno utilizzato per secoli i canali come vie di comunicazione per il trasporto di uomini e merci fondando sulle loro rive ricche città e porti animati. Oltre ad essere un fattore d’importanza vitale per l’uomo, che grazie ad esse alimenta un complesso sistema d’irrigazione dei campi, le backwaters sono l’habitat di centinaia di specie d’uccelli, tartarughe, lontre e varie specie d’anfibi. Negli ultimi anni questi canali hanno rappresentato un ulteriore risorsa per il Kerala, diventando una grande attrazione turistica, tanto da essere annoverata nella lista delle 50 località più visitate del mondo. Come visitare le backwaters Per semplificare si potrebbe affermare che l’unico modo di visitare questo intricato sistema di canali, laghi e fiumi è prendere un’imbarcazione ed affrontarne la navigazione, ma proprio la scelta del tipo d’imbarcazione fa la differenza ed impone un approfondimento sul tema. Tutti coloro che si recano per la prima volta nella regione delle backwaters avranno preventivato uno o due giorni al massimo da dedicare alla loro visita e, a meno che il loro obbiettivo non sia di spendere qualche giorno in più rilassandosi in uno degli alberghi di lusso che sono sorti sulle tante isole, questa è la quantità di tempo giusta. Tuttavia, volendo effettuare una visita approfondita per apprezzare ogni aspetto di questa affascinante regione, esistono diverse escursioni interessanti che possono giustificare una sosta più prolungata. Per chi ha scelto di dedicare alla visita un solo giorno esistono due scelte per l’imbarcazione, la prima è costituita da una delle compagnie private che organizzano escursioni a bordo di grossi motoscafi e che fanno la spola tra Alleppey e Kollam e tra Alleppey e Kottayam; la seconda consiste nell’utilizzare i traghetti pubblici che fanno servizio di collegamento tra le principali città e le isole delle backwaters. Coloro che invece hanno deciso di rimanere almeno due giorni, possono usufruire di un terzo mezzo, le Houseboat, singolari imbarcazioni di giunco un tempo utilizzate come case galleggianti dai pescatori locali e oggi trasformate in alberghi di lusso con cucina, veranda arredata, con tv satellite e cabine dotate di ogni servizio. A prescindere dal tipo di mezzo che si sceglierà, la navigazione lungo le backwaters, riserverà al visitatore un’esperienza unica ed indimenticabile. Da dove partire La visita può cominciare da un gran numero di località, ma il luogo ideale per poter usufruire delle offerte migliori, sia in fatto di qualità che di prezzo, è senza dubbio Alleppey. Questa piccola cittadina è situata in posizione centrale e la sua ubicazione strategica l’ha trasformata in pochi anni nel più importante porto turistico della regione. Nel porto-canale di Alleppey si concentrano la maggior parte d’agenzie che propongono tour sulle houseboat. La concorrenza permette una certa libertà di contrattazione. Inoltre Alleppey è sosta obbligata per i principali traghetti fluviali che collegano le località della regione.